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Pubblicato Lunedì, 07 Ottobre 2013 16:43
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Lo show sulla decadenza di Berlusconi è quanto di peggio potesse offrirci l’Italia targata 2013. Abbiamo assistito a un tipico esempio di annichilimento della democrazia: l’esonero dell’avversario politico non per la strada naturale del voto, ma per altre strade, che dal consenso popolare non sono tratte. Certo, le sentenze dei giudici devono essere rispettate, soprattutto se definitive, ma è chiaro che ci sono non poche e legittime perplessità sui presupposti giuridici e di fatto che hanno determinato la condanna del Cavaliere. Ma tant’è che le sentenze – si dice – non si discutono, ma si eseguono. E quel momento è giunto alla sua tappa finale.

La decadenza di Berlusconi e l’annientamento della democrazia
La verità è che nell’appello (troppo spesso velato di ipocrisia) al rispetto delle regole, si è agguantato l’obiettivo che in venti e passa anni i detrattori berlusconiani hanno tentato in tutti i modi di agguantare: sgambettare l’odiato Cavaliere. Il leone è finalmente in gabbia, incastrato nelle fitte maglie della giustizia. Finalmente la sinistra ha avuto quello che ha sempre desiderato: la possibilità di giocarsi la partita elettorale (futura), senza un avversario capace di impensierirla. La gioiosa macchina da guerra senza un nemico da abbattere avrà finalmente buone probabilità di vincere. E se l’avversario è interdetto da qualsiasi competizione elettorale, allora le probabilità diventeranno matematica certezza.

 

Ma è altresì vero, che più che i meriti della sinistra, ad affossare il Cavaliere sono stati i suoi non pochi demeriti, che non sono certo quelli fiscali. Demeriti grandi come i suoi palazzi e le sue ville. In questi ultimi anni abbiamo veduto i veri limiti di un leader che sembrava “invincibile”. E i limiti sono quelli di un politico che non è stato in grado di avviare coraggiosamente la rivoluzione liberale e di costruire nel tempo un grande partito di centrodestra con una solida base di valori, incentrati su famiglia, nazione e liberalismo. Del resto, pur di garantirsi una solida forza nel Parlamento, è stato “costretto” a legarsi alla vecchia politica democristiana e socialista, anziché a quella della destra liberale e sociale. Forza Italia prima e poi il PDL, non sono stati altro che un vecchio centrosinistra dipinto di berlusconismo, e la partita giocata dal Cavaliere in questi venti anni è sempre stata la partita tra due centrosinistra diversi: la vecchia alleanza PSI-DC, spazzata via da Mani Pulite, e il PCI. Nel mezzo, la Lega Nord e AN, a lungo andare stritolate nella lotta titanica tra i due avversari storici.

La questione scottante, perciò, non è tanto riposta nella fatidica domanda “che ne sarà ora del Cavaliere quando il Senato lo caccerà”, ma “che ne sarà del centrodestra e della destra, una volta che il Cavaliere sarà fuori dai giochi”. Ed è la tragica risposta a far male a chi non è di sinistra, perché è una risposta che alimenta la delusione verso un leader politico che non ha lasciato nulla in eredità alle nuove generazioni, se non la vecchia e usurata politica dell’inciucio e del governissimo, che oggi è pronta a voltargli le spalle pur di sopravvivere; una politica che non ha esitato a tenere in vita il Governo Letta (fino a paventare la spaccatura del PDL), in nome e per conto dell’Europa e del rigore dei conti pubblici sulla pelle degli italiani (vedasi IVA al 22%).

Questa è la morte del bipolarismo nel senso più tradizionale del termine. Verranno certamente salvate le apparenze, ma ormai è assodato che il processo di demolizione dell’area moderata avviato qualche anno fa non si è affatto arrestato con le politiche del 2013. E questa volta, via le pie illusioni, al Cavaliere hanno legato solidamente le mani e i piedi al pesante macigno dell’interdizione. C’è poco da fare ormai. I rimpianti non servono. Così come non serve a rinverdire i fasti berlusconiani la discesa in campo della figlia Marina. Una stagione politica si è chiusa, e nel peggiore dei modi. E sarà davvero difficile che se ne apra una nuova, capace di ridare linfa all’area realmente moderata e liberale. A meno che non cambino le regole del gioco democratico e si arrivi a una profonda riforma della nostra repubblica in senso presidenziale. Diversamente, rassegnamoci a veder dominare la sinistra e il grillismo. Per l’Italia si attende un lento ma inesorabile tramonto rosso…

FONTE ARTICOLO: http://www.qelsi.it/

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