Valutazione attuale:  / 0
ScarsoOttimo 
Pubblicato Domenica, 23 Marzo 2014 12:03
Visite: 10306

Prima dell'entrata in vigore della legge 190, le fattispecie di stampo corruttivo – in specie la concussione e la corruzione - si riferivano esclusivamente alla "corruzione pubblica", vale a dire a quelle ipotesi in cui il "corrotto" fosse un pubblico agente, cioè un pubblico ufficiale (art. 357 cp) o un incaricato di pubblico servizio (art. 358 cp), ancorchè entrambi intesi in senso lato.

Corruzione

Con la legge 190 viene introdotto il nuovo reato di corruzione privata che, invece, si riferisce a tutte le altre ipotesi in cui il soggetto corrotto non sia un pubblico agente. Sino a tale data, infatti, il sistema penale del nostro Paese ancora non prevedeva il reato di corruzione privata anche se erano già presenti nel tessuto normativo nostrano, specifiche ipotesi di corruzione in ambito privatistico come quella dell'infedeltà di amministratori, sindaci, revisori e vertici aziendali a seguito di dazione o promessa di utilità (art. 2635 cc, introdotto dal dlgs 61/2002) e quella della corruzione dei revisori (art. 174-ter TUIF, introdotto con l. 262/2005).
Corruzione tra privati secondo la Convenzione contro la corruzione del Consiglio d'Europa
La convenzione penale contro la corruzione adottata dal Consiglio d'Europa aveva incluso la corruzione tra privati come una forma di reato penale, considerata la rilevanza del fenomeno e l'importanza della sua inclusione ai fini di una politica di contrasto che fosse onnicomprensiva.
Eppure, nel rapporto GRECO nel terzo giro di valutazioni del marzo 2012 veniva rilevato dal team di valutatori che la corruzione privata era ancora percepita in Italia come meno significativa di quella pubblica e si faceva notare come non erano disponibili dati statistici in merito all'applicazione dell'art. 2635 del codice civile, in quanto sino ad allora quella norma non aveva mai portato ad alcuna ipotesi incriminatrice.
D ecisione quadro del Consiglio Ue
Sul versante dell'Unione europea, il Consiglio dell'Unione del luglio 2003 aveva approvato la decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. Le "decisioni quadro" sono provvedimenti normativi che il Consiglio dell'Ue può adottare ai sensi del Trattato (art. 34.2) nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, per il ravvicinamento degli ordinamenti giuridici degli Stati membri. La "decisione quadro" – come la direttiva – non ha efficacia diretta (art. 34), ma presuppone la sua attuazione da parte dello Stato membro con un proprio provvedimento normativo di recepimento. Analogamente a quanto previsto per le direttive (art. 249.3 del Trattato), la decisione quadro ''vincola'' gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, visto l'obbligo per i giudici nazionali di interpretare le norme dell'ordinamento interno anche alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro (cfr. CGCE, causa C-105/2003, Putino, 16/6/2005).
Iter di attuazione della decisione quadro
La decisione quadro 2003/568/GAI sulla corruzione privata dava termine agli Stati di procedere all'attuazione nei propri ordinamenti entro il 22 luglio 2005. Come rilevato in un documento comunitario, tuttavia, tale attuazione ha stentato ad essere perfezionata. In Italia, a tempo scaduto, con uno degli ultimi provvedimenti approvati nel corso della XV legislatura, la legge comunitaria per il 2007 (l. 34/2008) aveva conferito delega al Governo per l'emanazione, entro 12 mesi, di un decreto legislativo attuativo, tra le altre, della decisione quadro 2003/568/GAI. La comunitaria del 2007 prevedeva l'incriminazione dei comportamenti di corruzione attiva (cioè di chi corrompe) e passiva (cioè di chi accetta di essere corrotto) tenuti nel settore privato. Ciò sarebbe avvenuto tramite l'introduzione nella rubrica del codice penale dedicata ai "delitti contro l'industria ed il commercio" (Capo II, Titolo VIII, Libro II) di un nuovo delitto punibile con la reclusione da 1 a 5 anni. Analogamente, la comunitaria sanciva l'introduzione di questo nuovo reato tra quelli presupposto della responsabilità 231 dell'impresa.
Il reato di corruzione tra privati
Scaduto invano il termine per la delega, tocca proprio alla legge 190 portare a termine il progetto di recepimento della decisione quadro, introducendo la nuova fattispecie della corruzione privata all'art. 2635 del codice civile; da questo momento anche in Italia la corruzione non è più un reato che presuppone necessariamente il coinvolgimento della pubblica amministrazione.
Oggetto della norma
Diversamente dalla corruzione pubblica dove la violazione dei doveri d'ufficio non è elemento rilevante ai fini della costituzione del reato, quella privata richiede che il reo compia od ometta atti in violazione dei propri doveri a seguito di corruzione, in quanto il bene tutelato in questo caso è la fiducia e la lealtà, indispensabili per sane relazioni private.
Soggetti punibili
Con il nuovo reato di corruzione tra privati vengono puniti gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci ed i liquidatori che a seguito di corruzione, "compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società".
Sono punibili anche i sottoposti ed il corruttore.
Il quadro soggettivo non sembra essere del tutto conforme a quanto previsto dalla Convenzione penale del Consiglio d'Europa in base alla quale soggetti attivi del reato sono tutti coloro che in senso lato "svolgono attività, in qualsiasi capacità, per conto di entità del settore privato"; quindi non solo soggetti legati all'azienda da un contratto di lavoro ma anche consulenti, agenti, clienti, partner.
Corruzione solo "passiva"
Il precetto punisce solo coloro "che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri compiono od omettono atti in violazione" dei propri obblighi. In ambito privatistico, quindi, l'ipotesi incriminata è solo quella della corruzione "passiva" e non anche di quella "attiva". Il caso dell'eventuale richiesta di un vantaggio indebito avanzata dal corrotto – come invece previsto dalla Convenzione - non è attualmente coperto dall'ordinamento italiano.
Altri elementi del reato
L'attuale formulazione dell'art. 2635 cc restringe l'ipotesi criminosa al solo riferimento societario, mentre la Convenzione ne prevede l'estensione a qualsiasi entità (sia persona fisica che giuridica anche priva di personalità) che svolga attività d'impresa e che sia posseduta da soggetti privati (v. par. 54 del Rapporto esplicativo alla Convenzione).
Inoltre la fattispecie criminosa è costruita come reato di danno nel senso che occorre aver cagionato nocumento alla società ed è punibile a querela di parte, diversamente da quanto previsto dalla Convenzione, come peraltro già fatto rilevare nel citato rapporto GRECO nel terzo giro di valutazioni del marzo 2012.
Pene
Per i vertici e per il corruttore è prevista la reclusione da uno a tre anni. Mentre per i sottoposti le pene sono ridotte.
Fonte Articolo:http://www.diritto24.ilsole24ore.com/

Submit to FacebookSubmit to Google BookmarksSubmit to Twitter
comments