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Germano Celant incasserà 750mila euro per la curatela e la direzione artistica di Art & Food. Daverio e Sgarbi contestano pesantemente. La replica: "La cifra è lorda e comprende tutto il mio staff"

Expo

La mostra Art & Food sarà una delle presenze di Expo a Milano (in Triennale, per la precisione). A organizzarla è stato chiamato Germano Celant, con un compenso di 750mila euro lordi. Tanti? Troppi? Una cifra congrua o «l’ennesimo spreco di Expo», come sostiene chi non approva la scelta? Durerà sette mesi, uno in più di Expo, occuperà tutti gli spazi della Triennale e racconterà la storia del cibo attraverso l’arte. Per la curatela e la direzione artistica di Art & Food, Expo spa riconosce a Germano Celant un compenso di 750mila euro lordi per il periodo da marzo 2013 a fine ottobre 2015. A sollevare il dubbio che sia un compenso fuori mercato è il sito specializzato Artribune. Che ironizza: «Se con la cultura si mangia, con l’arte si può anche diventare ricchi: con quella cifra si manda avanti per un anno un buon museo d’arte contemporanea».

Non mette in dubbio, il sito, le qualità professionali di Celant (cosa che invece, vedremo, fanno due suoi famosi colleghi), ma chiede: a cosa corrispondono quella e altre cifre riportate nell’elenco degli affidamenti che la società di via Rovello può fare anche senza bando? La prima risposta arriva dallo stesso Celant, oggi anche direttore artistico della Fondazione Prada: «Sono stato scelto come general contractor per la mostra, mi assumo tutti i rischi per la sua realizzazione. Non ho sensi di colpa per quel compenso, ognuno giudicherà in base ai risultati». In quella cifra, assicura, sono comprese tutte le spese: «Lo staff che lavora con me, una decina di assistenti e ricercatori, tutti i viaggi che stiamo facendo per poterci assicurare le opere che vogliamo, la ricerca storica e iconografica, le tasse». La mostra, ovviamente, ha un costo a parte: 5 milioni e 300mila euro. Spiegano da Expo: «Tra i criteri abbiamo dato particolare rilievo alla fama, alla credibilità internazionale del curatore, alla competenza per elaborare una proposta culturale di rilievo».

Non è sulla fama ma sulla competenza di Celant che cadono come massi i giudizi di Vittorio Sgarbi e di Philippe Daverio. Quest’ultimo evoca la magistratura — «un giudizio su quel compenso dovrebbe darlo la Corte dei conti, altro che buonsenso e spending review» — e attacca: «Germano è un ottimo promotore dell’arte contemporanea, ma non sa nulla di tutto il resto. Serviva un comitato scientifico o, almeno, qualcuno che avesse maggiore competenza». I toni di Daverio sono molto più pacati di quelli di Vittorio Sgarbi, appena nominato ambasciatore delle belle arti per Expo dalla Regione Lombardia. «A titolo gratuito — precisa il critico — Stimo la capacità di Celant di farsi dare soldi, la sua cupidigia è pari ai suoi non meriti e al suo ruolo nelle lobby dell’arte».

Torna l’accusa: «Celant conosce solo l’arte povera dal 1967 a oggi, tutto il resto gli è sconosciuto», ma il diretto interessato replica secco: «Mi avvalgo di un gruppo di esperti e ricercatori». Sgarbi, da parte sua, promette battaglia sul piano dei risultati: «Curerò uno spazio sull’arte italiana nel padiglione che Eataly avrà all’Expo, dimostrerò chi è competente». La guerra, quindi, è aperta, ma non coinvolge tutti. Sandrina Bandera, soprintendente della Pinacoteca di Brera, è appena tornata da New York: era lì per altri motivi, ma ha incastrato gli appuntamenti al Guggenheim e al Moma per la mostra che Brera farà per Expo: «Bisogna risparmiare su tutto, organizzare le mostre costa tantissimo, dietro c’è molto lavoro». Di Celant dice che «è una garanzia, i suoi risultati sono sempre buoni», ma non entra nel tema compensi: «Sono la persona meno adatta, il mio stipendio tutto compreso è di 3mila 250 euro al mese».

A difendere il critico c’è Claudio De Albertis, il presidente della Triennale: «Celant è uno dei primi tre curatori al mondo». Anche una mostra della Triennale pagata da Expo finisce nell’elenco delle cifre criticate: è Pianeta Expo — aperta tra maggio e giugno 2013 — costata 622mila euro, «ma la cifra comprende tutte le spese, era una mostra pittorica e multimediale che serviva a raccontare il progetto Expo», spiegano dalla società. Stesso discorso per i compensi pagati a Fondazione Feltrinelli per Laboratorio Expo (1,8 milioni per 3 anni, con 18 assegni di ricerca e borse di studio, 60 incontri e workshop e il coinvolgimento di 60 centri di ricerca) e alla Fondazione Mondadori per Women for Expo (850mila euro per

 

due anni). Un milione è stato assegnato anche alla casa di produzione Movie people: in questo caso servirà a coprire i costi della realizzazione del film su Expo L’acqua e il pane di ogni giorno. Il regista, Ermanno Olmi, lavorerà però senza compenso.


Fonte articolo: larepubblica.it

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