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Giustizia, la vendetta del Pdl: “Riforma costituzionale anche per la magistratura”
Presentato in Senato un emendamento a firma di Donato Bruno, legato a Previti, e da un nutrito gruppo di imputati e indagati, da D'Alì a Romani. Se approvato, il testo includerebbe nella discussione dei 40 "saggi" il Titolo IV della seconda parte della Carta, che regola la magistratura. Tema finora escluso dagli accordi di maggioranza. Il proponente: "Solo una questione tecnica". Crosetto (Fdi): "Vogliono il voto". Zanda (Pd): "Niente strappi e blitz"


Giustizia

Dopo la condanna di Silvio Berlusconi al processo Ruby, il Pdl torna all’attacco dei giudici. Lo fa con un emendamento che, se approvato, introdurrebbe anche il Titolo IV della seconda parte della Costituzione, quello che regola la magistratura, tra le materie su cui dovrà intervenire il comitato dei saggi bipartisan, esterni al parlamento, incaricati dal premier Letta di studiare la riforma della Carta. Il capitolo magistratura, finora, era rimasto escluso dagli accordi presi nella maggioranza di larghe intese che sostiene il governo Letta. L’iniziativa è spinta da un avvocato legato a Cesare Previti, Donato Bruno, e da un gruppo di senatori tra cui figurano diversi indagati, da D’Alì (imputato per mafia) a Romani (imputato per peculato). 

Il Pdl ha presentato l’emendamento 2.12, a firma Donato Bruno, presso la prima commissione di palazzo Madama che ha all’esame il ddl costituzionale per l’istituzione del Comitato dei 40. Il testo dell’emendamento afferma che nelle competenze dell’organismo vi è la riforma “degli articoli di cui alla parte seconda della Costituzione”. Il testo originario del ddl recita invece: “Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alle materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo, nonché i coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali”. Escludendo appunto il Titolo IV sulla magistratura e il Titolo VI sulle garanzie costituzionali.

 
Oltre a Donato Bruno, firmano l’emendamento Alberti Casellati, Bernini, Bonaiuti, Fazzone, D’Alì, Repetti, Zanettin, Paolo Romani, Giuseppe Esposito. Bruno è un avvocato molto vicino a Cesare Previti, e presidente della Commissione affari costituzionali nelle due passate legislature. Il senatore Antonio D’Alì è imputato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Paolo Romani attende l’udienza preliminare di un processo per peculato a Monza e indagato, sempre nel capoluogo brianzolo, insieme a Paolo Berlusconi per la vicenda urbanistica della Cascinazza. Claudio Fazzone è rinviato a giudizio per abuso d’ufficio a Latina per una vicenda di raccomandazioni. 

“Non vogliamo fare la riforma della giustizia o la separazione delle carriere”, precisa Anna Maria Bernini. “Ma se si riformano gli altri poteri dello Stato, si deve poter intervenire su pesi e contrappesi”. Reagisce alle polemiche anche Donato Bruno: “‘Non c’è stato alcun blitz del Pdl. Gli emendamenti sono stati consegnati quando non c’era alcuna sentenza relativa a Berlusconi. E’ un problema tecnico”, continua, “alcune modifiche saranno necessarie”. Per esempio, “se decidiamo di andare verso un modello presidenziale, va rivista anche la guida del Csm che spetta al presidente della Repubblica. Le riforme influiscono anche su Csm e Corte Costituzionale. Che facciamo? Non li tocchiamo? Mi sembra assurdo”. Una posizione poi confermata dal ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello: “Vi è l’esigenza condivisa che eventuali correlazioni derivanti dalle riforme istituzionali che dovessero cadere al di fuori delle materie indicate nel disegno di legge attualmente in esame possano essere affrontate dal Parlamento”.

Assai meno serena la lettura di Guido Crosetto, ex pasdaran del Pdl passato a Fratelli d’Italia, che vede nella mossa di Bruno e soci una mossa per ribaltare il tavolo. “Vuol dire che si preparano ad andare a votare. E con la stessa legge elettorale in vigore adesso”. 

Dal fronte del centrosinistra arriva lo stop di Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd. “E’ bene che il capitolo giustizia non sia incluso tra le riforme costituzionali di cui il Parlamento ha iniziato a discutere” afferma. “D’altra parte il ddl, che la commissione Affari costituzionali del Senato sta esaminando, è stato approvato dal consiglio dei ministri, quindi alla presenza del segretario del Pdl Angelino Alfano“. Di conseguenza , il perimetro delle riforme “deve considerarsi già definito dalla maggioranza di governo, senza strappi e senza blitz”.

Parlano di “strappo inaccettabile” in una nota Danilo Leva, presidente del forum Giustizia del Pd, e Alfredo D’Attorre, responsabile Riforme politiche istituzionali della segreteria nazionale del partito. “Per il Partito democratico – scrivono – la riforma della giustizia non è un tabù, ma non si può prescindere da quelle che sono le garanzie di indipendenza della magistratura sancite dalla Carta Costituzionale. La giustizia non può essere il terreno su cui scaricare vicende estranee agli obiettivi di riforma e ammodernamento dell’assetto istituzionale”. Barbara Pollastrini, anche lei del Pd, parla di “provocazione di un partito ostaggio del suo capo”. I colleghi del Pdl, aggiunge, “non scherzino col fuoco. Se la loro volontà è di indebolire l’azione del governo ne sapremo trarre le conseguenze”.

Fonte Articolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/

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