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- Pubblicato Lunedì, 22 Dicembre 2014 16:07
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Un bel pasticcio ha combinato Renzi sul caso dei Marò. Ha voluto fare il furbo con gli indiani , ma s’è rivelato un pollo. E il risultato è stato quello di inguaiare ulteriormente la posizione dei nostri due soldati. Secondo le indiscrezioni riferite da Dagospia, il premier italiano ha pensato di risolvere tutto con un colloquio diretto con l’omologo indiano Narendra Modi, di cui s’è fidato. Mal gliene incolse. Se oggi la questione dei due marò italiani oppressi dalla giustizia di Nuova Dehli è infatti a un punto morto è anche perché il nostro presidente del Consiglio si è fatto buggerare dal premier indiano. Ma vediamo, in dettaglio, che cosa è successo.
L’insidioso “consiglio” di Modi
«A Brisbane, lo scorso 15 novembre, i due – come si legge sul sito diretto da Roberto D’Agostino – hanno avuto un colloquio a margine dei lavori del G20 e Renzi ha poi spiegato ai giornalisti che era importante evitare le polemiche sui Marò per non mettere a repentaglio i molti rapporti con l’India. In quel faccia a faccia, Modi ha incoraggiato Renzi a seguire la strada delle trattative informali, quelle che vengono condotte attraverso i servizi segreti». Cosa che è puntualmente avvenuta, ma che però ha portato al disastro di questi giorni, con la licenzia natalizia negata a Girone e la richiesta a Latorre di interrompere le cure in Italia.
L’errore madornale
Quale è stato l’errore di Renzi? Quello di non sapere che la giustizia indiana è indipendente dall’esecutivo. Per cui nessuna azione dei servizi segreti poteva portare risultati. «Ora – commenta Dagospia– anche a Roma appare chiaro che Renzi è caduto in una mezza trappola e che si è perso tempo prezioso per sollevare invece un arbitrato internazionale su tutta la vicenda, strada che ovviamente è incompatibile con quella dei negoziati riservati». Renzi pensava evidentemente di trattare Modi come tratta normalmente Pippo Civati e Stefano Fassina. Ma la politica internazionale richiede una cultura ben più sofisticata di quella che serve a dirimere le beghe interne del Pd.
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