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L’asse Letta-Alfano è uscito unito da una drammatica giornata parlamentare, ma Silvio Berlusconi con un colpo di teatro si è “ripreso” il governo, deludendo l’ala dura del Pd che sperava di spaccare il centrodestra e di creare una nuova maggioranza con i suoi cocci deberlusconizzati. Il bilancio della giornata ha mille risvolti ma di sicuro la vera partita politica comincia adesso.

Doppia Fiducia a letta

Nel suo discorso Letta ha tenuto a sottolineare come sia nata in ogni caso una maggioranza politica autosufficiente che può prescindere dai voti del Cavaliere ma la realtà è un po’ diversa: un governo dei dissidenti (senza Pdl) traballerebbe molto e potrebbe far poco; ma un puntello lo vuol mettere proprio Angelino Alfano, che sta esaminando l’operazione di nascita di gruppi autonomi che potrebbero addirittura chiamarsi “Popolo della libertà per Alfano segretario”. Segnale chiaro che adesso la battaglia tra falchi e colombe si è spostata sul controllo del Pdl, un marchio che – come dimostrano i sondaggi – conserva il suo appeal sull’elettorato moderato. L’operazione che i moderati e i dissidenti sembrano intenzionati a lanciare è dunque quella di spingere i falchi verso la nascente Forza Italia: come spiega Gaetano Quagliariello, uno dei registi della manovra, ci sono infatti due classi dirigenti incompatibili tra di loro con un comune punto di riferimento, la leadership di Berlusconi.

 

Nei suoi interventi tra palazzo Madama e Montecitorio il premier si è mosso con grande equilibrio nel separare nettamente il piano del governo da quello giudiziario di Berlusconi, ha guardato all’immediato futuro assicurando che riforme e taglio del costo del lavoro costituiranno il cuore del suo programma. Più tentato di capitalizzare subito la vittoria è sembrato invece il Pd ma l’impossibilità di rifiutare i voti di Berlusconi segna il “nuovo inizio” definito da Brunetta: «Al di là dei suoi silenzi e dei distinguo e nonostante provocazioni continueremo a stare qui e a darle fiducia. Ci può essere un nuovo inizio? Crediamo sia un suo e un nostro dovere e a testa alta votiamo sì al nostro governo, per realizzare il suo programma, il nostro programma».

Sullo sfondo si intravedono tutte le difficoltà del congresso Pd. Matteo Renzi ha garantito a Letta la sua lealtà. Il governo ha con ogni evidenza un orizzonte che scavalla il semestre italiano di presidenza della Ue nel 2014 e il sindaco rottamatore dovrà per ora puntare solo alla segreteria, abbandonando i sogni di premiership. Dovrà in altri termini sostenere Letta, il suo principale concorrente alla guida del centrosinistra, e attendere il 2015. Il che potrebbe essere motivo di nuove fibrillazioni. E il Pdl? I gruppi autonomi pro Alfano nasceranno, ma intanto è “giallo” sulla lista preparata alla Camera da Cicchitto. In mattinata viene trasmessa ai piani alti di Montecitorio una fotocopia con la quale si avvertiva della costituzione di un nuovo gruppo sottoscritta da 24 deputati provenienti dalle file pidielline. E sulla base di questa fotocopia Cicchitto aveva chiesto di intervenire dopo Epifani in dichiarazione di voto. In rappresentanza del nuovo organismo. E Cicchitto interviene. Ma la fotocopia scompare. Senza che venga sostituita da nessun documento ufficiale. E le versioni sul perché divergono: c’è chi dice che non si èvoluto forzare la mano prima che si prendesse analoga decisione anche al Senato e c’è chi dice che forse è meglio aspettare la decadenza del Cav dal mandato di parlamentare prima di fare uno strappo del genere. Chi aveva firmato glissa, dicendo che in realtà non c’era ancora nulla di deciso. Dodici certi, forse ventisei a breve. Forse. Ma di sicuro in quella bozza c’erano i nomi di Alfano e dei ministri Lorenzin e De Girolamo. Rispunterà?

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